FROZEN SUN, Così simili, ma profondamente divisi in quel momento...

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crazymonsoon
view post Posted on 6/1/2009, 18:03




Finalmente un po' di creatività mi è tornata... ma proprio poca poca... beh sempre meglio di nulla, dice il proverbio!!
"Premetto", tanto per cominciare, che questa non sarà una breve premessa... eh già, perchè questa FF non l'ho scritta da sola!
E no! No no no no no no no no!
Frozen Sun è nata da due menti e quattro mani...
Una mente (modestamente la più brillante X°°°°°DD) e due mani son mie...
Quello che resta appartiene alla mia stupida (X°°°°°DD) carissima gemellina Marty!!!
Onestamente non so cosa sia venuto fuori, però quello che è certo è che ci siamo impegnate e soprattutto divertite per partorire questa storia...

*sbam* *sbam* *sbam*
*a cuccia*

Ehm... ok ok, vi devo lasciare momentaneamente, perchè Marty mi sta picchiando per impossessarsi della tastiera!
Ben, tocca a te Tiiiiiiiiiiiiiina!!


Oh...finalmente tocca a me...
Uff ho il polso un po' indolenzito a forza di picchiarla, ma ne è valsa la pena!!!!!X°°°°°D
Laura finiscila, abbassa il bicchiere che hai già bevuto abbastanza per oggi!!! Su fai la brava bambina...*patpat alla gemellina*
Bene dopo questo piccolo ot, alla mia "cara" gemellina sono sfuggiti alcuni piccoli particolari.
Innanzitutto abbiamo provato a distaccarci dalle solite FF e immaginarci un rapporto conflittuale tra due fratelli del calibro di Bill e Tom...
Ovviamente posteremo un capitolo a testa e adesso è il turno della sclerata in parte a me...
Bene adesso non mi resta che augurarvi una buona letturaaaaa... oh che stai facendo lasciami...uffaaaaaa...toccava a meeeeeee...



*sbam* *sbam* *sbam*
*esulta per aver sconfitto la gemella*

Certo che quando afferra la tastiera non la molla più eh... santa carota!
Dato che il topic l'ho aperto io, decido io quando scrivere!! X°°D
Vabbè, semplicemente mi auguro che vi piaccia perchè ci stiamo lavorando da tanto!
Ok, bella premessa eh??
Ora a voi i commenti!!^^








Capitolo 1

Horizont




Delle leggere sfumature dorate cominciavano a colorare l’orizzonte, mentre il sole stava per abbandonare il cielo e si portava via inesorabile un’altra parte delle mie energie.
Appoggiato con i gomiti al davanzale, continuavo a rilasciare profondi respiri e a deglutire nervosamente come se avessi appena finito di urlare.
In realtà erano due giorni che non aprivo bocca, o meglio, che non tenevo un discorso relativamente lungo. Da quando ero corso in aeroporto per fare un biglietto di sola andata e partire per quel posticino sperduto, immerso nel verde e nella quiete.
Non sapevo esattamente, una volta atterrato, cosa mi avesse spinto ad andare lì. Era un piccolo paese di periferia, non una di quelle enormi e luminose città ricche di intrattenimento, dove da sempre sognavamo di andare a vivere o di trascorrere una vacanza dopo il compimento dei diciotto anni...
Beh... forse era stato soprattutto quel pensiero che mi aveva fatto scegliere una destinazione, oltre che lontana quanto bastasse da casa, lontana dai nostri sogni più inseguiti.
Mi chiedevo se mi sarebbe mai venuto a cercare... se avesse voluto...
Non era da me sparire in quel modo in una città che non conoscevo, senza nessuno al mio fianco e specialmente senza lui... la persona che giorno dopo giorno diventava il mio riflesso...
Ma avevo un assoluto bisogno di dare spazio alle mie improvvise e tormentate riflessioni.
Tutta colpa di quella maledettissima sera... come avrei desiderato poterla cancellare...
Nella realtà, però, ogni singola parola, ogni semplice gesto resta inciso nella vita di tutti noi.
Non credevo l’avrei mai superato e soprattutto non credevo avrei avuto il coraggio di ritornare tanto presto.
Mi era stato insegnato che non era saggio fuggire dai problemi e lo sapevo, ma in quel momento non vedevo davvero altra soluzione. Ero troppo arrabbiato e deluso.
Incoscienza? Codardia? Forse.
D’un tratto i miei pensieri vennero interrotti dal suono insistente del cellulare...
“Oh no! Ancora?” sbuffai.
Immaginavo benissimo chi fosse...
Mi passai una mano fra i capelli, decisamente privi del loro solito effetto piastrato, e rientrai a malavoglia dal balcone.
“Pronto tesoro? Ma insomma...”
“Mamma, mi hai già chiamato cinque volte oggi! Vorrei respirare...” replicai stendendomi sul letto.
“Ascoltami per favore! Lo sai che sono sempre stata dalla vostra parte ora però la situazione è molto più seria!”
“Non ne voglio parlare... non ancora... cerca di capirmi!”
“Qui non si tratta di capire niente Bill! Innanzitutto mi vuoi dire dove diamine sei sparito? Questo non lo tollero!” il suo tono cominciava a crescere.
“Senti, ho apprezzato il fatto che non mi hai fermato... ma apprezzerei anche se mi lasciassi fare ordine nella mente... e con calma!” sottolineai seccato.
“Non essere stupido! Io sono estremamente preoccupata per la nostra famiglia e sto cercando di venire incontro ad entrambi!”
“Ecco brava... concentrati su di lui, che io sto una meraviglia!” sbottai alzandomi di scatto.
“Ah Bill! Perché...?”
“Ciao mamma, riposati che in questo periodo ne hai davvero bisogno.” e riattaccai.
Cavoli... cosa mi era successo? Non mi ero mai permesso di rivolgermi in quel modo a mia madre, la mia eterna amica e alleata. Ero così confuso...
E intanto un fastidioso bruciore mi aveva invaso gli occhi e un nodo si stava stringendo attorno alla gola. Di nuovo ripiombai nell’angoscia più assoluta.
Tornai sul balcone e lentamente inspirai la fresca aria serale per calmarmi... inutile.
Ormai delle timide lacrime avevano già iniziato a rigarmi il volto, scorrendo le guance e cadendo poi nel vuoto. Chiusi gli occhi e tentai di ricacciare indietro i singhiozzi.
Perchè?
Senza volerlo gridai a pieni polmoni, squarciando il silenzio che avvolgeva quella frazione di della metropoli affacciata sul lago.
L’eco durò solo pochi istanti e si disperse subito nell’aria. Fu uno sfogo parziale, era ovvio che non mi poteva sentire...
Guardai in alto. Un mantello blu cobalto si stava piano piano stendendo sopra di me, spingendo via gli ultimi flebili chiarori del sole. Ed era come mi sentivo io: sempre più spento...
All’improvviso qualcuno bussò alla porta.
“Bill, ci sei?”
La voce roca del proprietario della locanda riuscì a ridestarmi; chiusi con uno scatto la porta scorrevole e mi diressi all’ingresso per aprirgli.
“Buonasera Sam! Che c’è?” chiesi indifferente stropicciandomi gli occhi.
Il piccolo uomo dai capelli brizzolati mi scrutò un attimo corrugando le sopracciglia, poi commentò:
“Non devi essere proprio in forma per scordarti che è ora della cena!”
Mi voltai verso la sveglia sul comodino: le otto.
“Già... in effetti non ho molta fame...”
“Scusa se insisto, ma neanche a pranzo hai mangiato e qualsiasi cosa ti affligga di certo la denutrizione non aiuta!” e accennò un sorriso.
Sospirai.
“Hai ragione! Ok, scendo con te!”
Presi le chiavi e feci per prendere anche il cellulare... un istante di esitazione e infine lo lasciai sul comodino.
“Allora Sam, cos’hai preparato?”
“Eh, vedrai vedrai!” mi rispose battendomi una leggera pacca sulla spalla.
Momentaneamente cercai di lasciarmi alle spalle i brutti pensieri.

Edited by crazymonsoon - 6/1/2009, 18:26
 
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~Tina~
view post Posted on 14/1/2009, 13:21




Ecco a voi il secondo capitolo,
speriamo che vi possa piacere
e attendiamo ansiose i vostri
commenti per sapere cosa ne pensate!!!^^
Buona lettura!!!



Capitolo 2

Moonlight



Sottili e fiochi raggi pallidi illuminavano leggermente l’acqua scura davanti a lui.
Non sapeva da quanto era lì, ormai aveva perso la cognizione del tempo, o forse più semplicemente non gliene importava. Di sicuro doveva essere passato molto tempo da quando aveva scavalcato il piccolo muretto di pietra alle sue spalle.
Si distese per terra, incrociando le mani dietro la testa e inspirando profondamente l’aria fresca della sera tardi.
Non un rumore, non un soffio di vento. Era come se il mondo si fosse fermato. Tutto intorno a lui taceva, persino il creato, in un rispettoso silenzio.
D’un tratto un piccolo fastidio all’altezza della nuca lo riscosse dal torpore in cui era caduto. Si rizzò a sedere tastandosi febbrilmente la testa fino a quando ne riconobbe la causa: i suoi capelli erano raccolti in un’alta coda.
Imprecò come se per colpa loro non avesse potuto riposare in pace. Tolse l’elastico, lasciando che dei lunghi dread scendessero sulle sue spalle finalmente “liberi”, poi si ristese per terra, tornando a scrutare la volta celeste, costellata in quel momento da tanti piccoli puntini luminosi.
“Domani sarà una bella giornata” pensò prima di sorridere amaramente, lasciandosi sfuggire un leggero sospiro.
Niente sarebbe più andato per il verso giusto. O meglio, per il momento niente sarebbe stato in grado di fargli cambiare idea.
Si puntò sui gomiti per rizzarsi a sedere e dopo aver dato una rapida occhiata intorno, decise di alzarsi per fare una passeggiata.
Si arrotolò gli enormi jeans fin sopra il ginocchio e si avvicinò all’acqua. Forse lo avrebbe aiutato a dimenticare almeno per un istante quello che era successo qualche giorno prima e che da quel momento non aveva smesso per un attimo di scorrere nella sua testa.
Immerse i piedi e lentamente iniziò a camminare.
Non sapeva dove stava andando, la sua macchina era parcheggiata nella direzione opposta. L’unica cosa che sapeva era che voleva camminare; sembrava quasi che i suoi piedi lo spingessero più in là, in un posto non del tutto sconosciuto.
Che fosse stato merito del refrigerio provocato dall’acqua o che semplicemente la sua mente avesse cercato di rimuovere l’accaduto questo non lo sapeva. Di sicuro ora la sua testa era libera da ogni pensiero, ogni sensazione, come se fosse stata svuotata da tutto.
Solo due parole continuavano ad echeggiare nella sua testa: non tornerà.
Una realtà dura da accettare, ma pur sempre vera: niente sarebbe più stato come un tempo.
D’un tratto gli sembrò di sentire un urlo in lontananza. Un grido di liberazione, quasi d’aiuto.
Per un attimo ebbe quasi l’impressione di conoscerla molto bene quella voce, ma dopo aver ragionato si convinse di essersi sbagliato, che non era possibile una cosa del genere.
Alzò momentaneamente lo sguardo per vedere dove fosse finito e, stupito della sua stessa vista, scosse la testa stropicciandosi gli occhi.
Una piccola pineta si stagliava in lontananza alla sua sinistra, a separarli solo una linguetta di terra.
Fu come tornare in dietro nel tempo, a tanti anni prima.
Davanti a lui, come stesse vivendo in un film, due bambini immersi in un’atmosfera sfuggevole ed impalpabile si rincorrevano per la pineta sotto lo sguardo vigile dei loro genitori.
Per un attimo gli sembrò addirittura di sentirli ridere ed il cuore gli si alleggerì.
Ma a quell’immagine felice ne seguì subito un’altra, più vicina, talmente vicina da sembrare quasi reale. I bambini così come erano arrivati erano scomparsi, dissolti in una nuvola di fumo.
Al loro posto apparvero due ragazzi molto più grandi, che litigavano.
Il cuore gli si strinse in una morsa nel vedere quella scena e istintivamente si portò una mano al petto, serrando i pugni stringendo così l’enorme maglietta.
Abbassò lo sguardo, come se non potesse sopportare un attimo di più quell’immagine. Inspirò profondamente e a passi lenti si diresse verso la pineta.

****



Amburgo non era mai stata una città soleggiata, ma in quei giorni sembrava come se il sole avesse deciso di sua spontanea volontà di non splendere più su quel cielo.
Al contrario, nuvole, nebbia e vento forte sembravano aver messo radici da quelle parti.
Mise la chiave nella toppa e non fece neanche tempo a mettere piede nell’atrio di casa che subito una voce apprensiva e spaventata gli chiese:
- Dove sei stato?-
Sospirò, ben consapevole che non sarebbe riuscito a liquidare sua madre con un semplice “fuori”.
Rassegnato si voltò a guardare la donna che con gli occhi carichi di rimprovero e di preoccupazione continuava a fissarlo in attesa di una risposta.
- Alla baia- rispose pacato come fosse la cosa più normale del mondo.
- E ti sembra l’ora di tornare? Mi hai fatto stare in pensiero lo sai?- lo ammonì severa con la voce un po’ incrinata per la paura e l’angoscia provate per tutta la notte a causa delle molteplici preoccupazioni che entrambi le avevano procurato.
Sbuffò visibilmente cosa che fece irritare non poco Simone che subito si avvicinò a lui con una mano levata.
Uno schiocco secco e Tom si portò una mano alla guancia arrossata squadrando con occhi sgranati la figura della donna che dal canto suo aveva uno sguardo terrorizzato.
- Oddio...Tom...non...non volevo- biascicò abbassando la mano incriminata.
- Lascia perdere...- la liquidò lui - Piuttosto vai a riposarti che nelle tue condizioni non puoi stancarti...- proferì cercando di risultare gentile, senza però riuscire a nascondere un velo di amarezza per quella situazione che non aveva ancora accettato e che probabilmente non avrebbe condiviso così presto.
Non era in vena di litigare, per lo meno non in quel momento. Aveva ben altro per la testa che scagliarsi contro sua madre solo perché dopo anni aveva avuto il “coraggio” di dargli uno schiaffo.
Più di una volta se lo sarebbe meritato, ne era consapevole, ma lei non aveva mai osato alzare le mani su di loro.
In un’altra circostanza si sarebbe infuriato, sarebbe uscito di nuovo sbattendo la porta senza guardare in faccia nessuno, ma in quel momento non ne aveva le forze, l’unica cosa che voleva fare era rilassarsi sotto un getto d’acqua gelata sperando che potesse lavar via tutti i pensieri e le sensazioni che lo tormentavano.
Senza proferire altro si allontanò dall’ingresso, seguito passo dopo passo dagli occhi vigili della donna che riuscirono a scrutarlo fino a quando non si richiuse la porta alle spalle scomparendo nel bagno.

Gettò malamente l’enorme maglietta sopra il mobiletto alla sua destra. Quest’ultima presto fu raggiunta da tutti gli altri indumenti, gettati anch’essi in malomodo prima di aprire piano il box doccia e chiuderselo alle spalle lasciando così che il getto d’acqua potesse scorrere lungo il suo corpo.
Prima o poi sarebbe riuscito a dimenticare...
Prima o poi, forse, qualcosa si sarebbe sistemato...
Ma forse quella era solo una pallida speranza, destinata a rimanere solo un sogno e niente più...

Edited by ~Tina~ - 29/1/2009, 13:33
 
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*Auntie Izzie*
view post Posted on 28/1/2009, 17:53




eccomi qua!!!
con enorme e vergognoso ritardo lo so...
perdono!!! ^^

bene...avevo già letto il primo capitolo al ritorno da berlino...
e mi era piaciuto da morire!
Non so spiegarvi, ma il modo in cui è narrata questa storia mi piace tantissimo...
c'è qualcosa nel modo di descrivere l'ambiente, il paesaggio e i personaggi che mi attira parecchio
e che mi rende molto curiosa riguardo ai risvolti che potrebbero esserci...
detto questo:
voglio sapere cosa diavolo hanno combinato quelle due bestie!
perchè hanno litigato?

*tutto questo per dire "postate presto" e "bravissime!!!"*

*love*
_zia_

 
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~Tina~
view post Posted on 29/1/2009, 19:15




*____________*

ziaaaaaaaaaaaaaaa

grazieeeeeee!!!!!!

Tranquilla, sei perdonata!!!!!!!^^
Siamo (parlo anche a nome della mia collega) contente che ti piaccia!!!!!!
Ehhhhh chissà che cosa sarà successo fra quelle "bestie"...mah...chi lo sa...
X°°°°°D

Comunque grazie mille ancora per il tuo continuo supporto!!!

 
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crazymonsoon
view post Posted on 8/2/2009, 17:58




Capitolo 3

Nightmare



“Tom... si può sapere che ti prende?”
“Lasciami stare Bill!”
“Ma...”
“Smettila!”


“No... no... no!”
Mi svegliai di soprassalto ansimando, in un bagno di sudore. Scossi la testa cercando di spazzare via quelle immagini angoscianti. Misi a fuoco il soffitto e riconobbi di non essere nella mia camera ad Amburgo. Purtroppo era tutto vero...
Dalla finestra filtrava una luce velata. Lessi l’ora: appena le sei.
Mi rizzai a sedere sbadigliando, tanto non avrei più chiuso occhio. Ormai erano svariate notti che non dormivo. Nascosi il viso fra le mani.
“Lasciami stare Bill!”
“Ah, basta...” protestai.
“Smettila!”
“Basta... basta!” mi tappai le orecchie come se lui fosse ad urlare lì di fronte a me.
Quell’incubo minacciava di tormentarmi tutto il giorno.
Feci un respiro profondo e mi lasciai ricadere sullo schienale del letto. Dovevo sfogarmi.
Fissai il cellulare sul comodino; lo afferrai e subito composi un numero.
“Ehi tesoro!”
“Ciao mamma...”
“Il tuo tono non è dei migliori... che succede?”
“Mi sono appena svegliato, non ho dormito molto...”
Lei sospirò, poi a voce bassa disse:
“Non sei l’unico se ti interessa...”
“Mi dispiace che si sia creata questa situazione, ma ti assicuro che...”
“Con chi parli?”
Una voce fin troppo familiare mi ghiacciò le parole in gola.
“Accidenti, da voi è quasi ora di pranzo. Vi ho disturbati, ci sent...”
Sentii un brusio in sottofondo e mia madre si affrettò a replicare:
“No aspetta, non riattaccare sempre! Parliamo!”
Esitai qualche secondo.
“No mamma, non devi preoccuparti per me!” e rigettati il telefono sul comodino.
Non era possibile... lo odiavo a tal punto da non poter neanche sentire la sua voce? Doveva finire... e presto.
Mi alzai con calma, nonostante la mia mente non me lo permettesse avevo ancora un gran bisogno di riposare. Era davvero raro che io in piena estate mi svegliassi a quell’ora. L’estate era la stagione che più adoravamo, lontani dalla dannata routine e liberi ogni giorno.
Ed invece, cosa ci era successo quell’anno? Dov’ero finito?
Andai in bagno e mi rinfrescai più volte il viso, in qualche modo speravo che l’acqua potesse lavar via tutto quello stress.
Posai le mani ai lati del lavandino, stringendo la presa, e lentamente alzai la testa fino ad incrociare il mio riflesso nello specchio... così simili, ma profondamente divisi in quel momento...
Distolsi lo sguardo e, dopo essermi legato distrattamente i capelli, tornai in camera.
Aprii l’armadio e cercai una maglietta nella valigia ancora intatta; ogni sera vi riponevo gli abiti come se il giorno dopo dovessi ripartire. Poi mi infilai in velocità i pantaloni della tuta; non ero mai stato un amante dello sport, ma quella mattina avevo una gran voglia di andare a correre; forse in quel modo mi illudevo di allontanare i pensieri... la parte di me che soffriva...
Inforcai gli occhiali da sole ed uscii sbattendo la porta.

*****



“Ehi Bill, in tempo per la colazione! Ma dove sei stato?” mi domandò curioso Sam, appena mi vide varcare la soglia della locanda.
“A... a correre, è una così bella giornata.” risposi evasivo avanzando verso il bancone di legno.
“Mmm, sei pallido... c’è sempre qualcosa che ti preoccupa e non me lo vuoi dire!” mi disse con fare premuroso.
Ormai non riuscivo più a mascherarlo, ma mi limitai a scuotere la testa.
“Per me ha litigato con qualcuno... buongiorno papà!”
Mi girai di scatto: dall’ingresso si stava avvicinando una giovane donna dai lunghi capelli ricci, che spingeva un passeggino a doppio posto.
“Allison, che piacere! Come mai da queste parti?” la salutò Sam andandole incontro.
Subito i due biondi bambini attirarono la mia attenzione: erano identici e facevano a turno per tenere un giocattolo. Era come assistere da spettatore ad una scena vissuta in prima persona...
D’un tratto ad uno cadde il cappellino ed io mi chinai per raccoglierlo; appena glielo porsi la sua manina afferrò il mio dito e lui mi osservò intensamente sorridendo.
Si creò per un attimo uno strano contatto, mi sembrava di conoscerlo bene quel bimbo e da molto tempo...
“Gli hai già fatto una buona impressione, complimenti! Di solito Tom è il più diffidente!” la voce squillante della ragazza mi riportò alla realtà.
“T-Tom?” ripetei sbalordito posando gli occhi su di lei.
“Sì e l’altro è Justin. Hanno poco più di un anno, ma credo di aver già capito i loro caratteri!”
Nel frattempo il bimbo lasciò il mio dito e si concentrò sul suo berretto.
Sorrisi amaramente.
“Forza gioventù, andate a fare colazione.” ci batté le mani Sam.
Mi alzai e, un po’ svogliato, entrai nella saletta a fianco.
“Ehi! Ancora non mi hai risposto!”
Fissai accigliato la ragazza, che si sedette tranquilla al tavolo accanto.
“Non sei americano, vero?” mi chiese scrutandomi.
“No, vengo da Amburgo. Sono arrivato da... da due settimane...” dissi a voce bassa mescolando lentamente il caffè.
“Deve essere successo qualcosa che non ti aspettavi se sei scappato così...”
“In un certo senso...”
Mi accorsi che era la prima volta che accennavo a quel discorso. D’istinto mi voltai verso di lei e la osservai sistemare con cura i bavaglini al collo dei gemelli.
“Come hai capito il mio problema?” domandai curioso ed al tempo stesso stupito.
Le sue labbra si curvarono.
“Beh sono super intuitiva io! E poi, non so perché, ma riesco a leggere chiaramente nei tuoi occhi...”
Sorseggiò dalla tazza e mi guardò intensamente.
“Stai soffrendo... forse troppo.”
Non dissi nulla, non ne avevo la forza. La ferita stava ancora sanguinando copiosamente.
“Stai tranquillo, non voglio chiederti i dettagli, non mi conosci nemmeno.”
“Vorrei solo trovare una soluzione!” sospirai senza controllarmi.
Lei non rispose subito, ma si girò totalmente verso di me ed appoggiò la sua mano calda sulla mia. Era come se cercasse di trasmettermi un po’ di conforto.
Poi disse:
“Spesso la soluzione c’è, solo che in genere restiamo troppo concentrati sul problema e non la focalizziamo...” fece una breve pausa. “E’ importante questa persona nella tua vita?”
Annuii deciso... lei si limitò a sorridermi affettuosamente.
Abbassai il capo; sì, lui contava davvero molto, ma ciò non toglieva che mi avesse profondamente ferito e deluso.
Non avere fretta...” aggiunse incoraggiante alzandosi.
E si diresse all’uscita, lasciandomi di nuovo solo con i miei innumerevoli pensieri.
Prima di scomparire dalla saletta, il gemellino con il berretto mi salutò allegro agitando la piccola manina. E le parole di Allison mi riecheggiarono nella mente.



______________________________




finalmente, dopo innumerevolissimissimi sforzi, sono riuscita a concludere il capitolo!
a mio avviso non è per niente bello, però la mente sotto esami funziona a intermittenza! (no, la mia funziona sempre così X°°°°°DDD)
cooooomunque, spero che la curiosità stia crescendo a questo punto...
spero di postare più in fretta le prossime volte! ^_^

spazio ai commenti!!

Edited by crazymonsoon - 9/2/2009, 17:05
 
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*Auntie Izzie*
view post Posted on 8/2/2009, 18:19




*______________*
il gemellino tom
*______________*

bwaaaaaaaaaaah
anche io voglio due gemellini!!!

*sbrocca*

te l'ho già detto ieri...
e l'ho già detto a entrambe...
mi piace molto questa storia
*__________*

e adesso che inizia a intravedersi una sorta
di spiegazione a questo "dramma kaulitziano"
sono ancora più curiosa!!!

e poi a questo punto devo scoprire
che succede nel fatidico capitolo 7!!!

X°°°°D

continuate presto tesore!!!
baciuz^^

 
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crazymonsoon
view post Posted on 8/2/2009, 19:39




mmm...vuoi due gemellini???
mah sì dai, con Tom ti costruirai una bellissima e numerosa famiglia!!! *già si allena a fare da babysitter* X°°°°°°DDD
^^

grazie grazie grazie mille dei commenti, fanno sempre piacere!!!
eh già, preparati che nel quarto capitolo capirai qualcosina di più...

P.S. guarda che nel 7 non è che succede chissà che... per me è super semplice, ma poi mi dirai tu...

alla prossima ziaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!
^_^

 
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~Tina~
view post Posted on 16/2/2009, 17:30




Ecco il quarto capitolo
come sempre non so mai cosa scrivere come introduzione >.<
quindi vi lascio alla lettura!!!!^^





Capitolo 4

Secrets



- Cos’è, si batte la fiacca?- domandò ironico Tom comparendo nella piccola stanza nel seminterrato di casa Listing.
Nessuna risposta, solo una serie di sguardi perplessi da parte degli amici che, in piedi ognuno accanto al proprio strumento, continuavano a squadrare il rasta.
Lui, dal canto suo, non curante del silenzio calato, seguitava a rovistare nella custodia della chitarra per incominciare a provare.
- Beh?- sbottò dopo qualche istante snervato dal comportamento degli amici.
I ragazzi deglutirono, senza comunque osar proferire parola.
- Vuoi davvero suonare?- gli domandò d’un tratto titubante Georg guardando il compagno alla sua sinistra speranzoso in un sostegno.
- Certo! Sbaglio o abbiamo un concerto ad una festa tra tre giorni?- domandò di rimando incredulo.
Di nuovo nessuna risposta.
Gli amici continuavano a guardarlo nervosi lanciandosi di tanto in tanto occhiate senza aver il coraggio di parlare.
- Ragazzi...c’è qualcosa che dovrei sapere?- chiese all’improvviso girandosi a guardarli.
- Tom- incominciò Georg appoggiando al muro il suo basso e deglutendo - Non c’è più nessun concerto-
Tom non rispose.
Dapprima squadrò l’amico non sapendo se credere alla rivelazione o scoppiare a ridere a quella che lui sperava vivamente essere una battuta; poi fissò l’altro compagno intento a riporre le stecche della batteria nella loro custodia.
- Cosa?- chiese incerto, stupendosi lui stesso di essere riuscito a mantenere la calma ed un tono pressoché pacato.
- Tom, da quando...da quando Bill se n’è andato, siamo senza cantante e...e abbiamo pensato di annullare i concerti- rispose Gustav torturandosi nervosamente le mani.
A quelle parole il rasta serrò i pugni rafforzando la presa sul manico della chitarra elettrica facendo così vibrare impercettibilmente le corde.
Di nuovo lui. Come fosse un fantasma, la sua presenza aleggiava ovunque.
Il silenzio era nuovamente calato nella piccola stanza, interrotto soltanto dal ticchettio dell’orologio appeso alla parete.
- Non importa...- sussurrò anche se sapeva essere una bugia.
- Tom...ci dispia...- cercò di dire Georg.
- Ho detto che non importa!- urlò il rasta.
I ragazzi gelarono all’istante.
Da quando si conoscevano non avevano mai visto il rasta così furente, era ovvio che qualcosa non andava e che a furia di tenerlo dentro stava esplodendo a poco a poco.
A quel pensiero Georg sospirò e si passò distrattamente una mano fra i capelli, cosa che non sfuggì agli occhi vigili di Gustav che però decise di lasciar correre, preferendo far calmare un po’ le acque.
Il rasta si lasciò ricadere le braccia lungo il corpo, poi si portò una mano alla testa, afferrando la visiera del cappellino e abbassandosela sugli occhi per nascondere un rossore che, a giudicare dal bruciore, stava iniziando a comparire.
- Scusate- sussurrò poi.
- E di cosa?- domandò Gustav avvicinandosi all’amico - Siamo amici o no?- le sue labbra si incresparono in un sorriso talmente contagioso che persino quelle del rasta seguirono il loro esempio.
Gustav si sporse per abbracciare fraternamente l’amico che, lasciando perdere ogni inibizione, ricambiò il gesto.
Tom non aveva mai amato quel tipo di manifestazioni d’affetto, sin da piccolo si era rintanato dietro ad una maschera da bullo strafottente che era in grado di abbandonare solo con suo fratello; per questo quando Gustav sentì l’abbraccio si meravigliò.
- Lo sai che a noi puoi dire tutto vero?- domandò sorridente quando si sciolsero dall’abbraccio, mentre Tom continuava a tenere ostinatamente la visiera del cappellino abbassata.
Lui sorrise e finalmente, dopo svariato tempo, alzò il volto.
I suoi occhi erano leggermente arrossati e carichi di una tristezza che solo i suoi amici che lo conoscevano da anni riuscivano a vedere e soprattutto a comprendere.
- Direi che per oggi è meglio se non proviamo...facciamo un’altra volta, giusto per non perdere del tutto la mano!- suggerì Georg avvicinandosi agli amici che annuirono sorridenti.

****



- Sai qualcosa vero?- gli domandò a bruciapelo Gustav appena Tom uscì dalla stanza.
- C-cosa?- deglutì Georg cercando di non incrociare lo sguardo dell’amico intento a fissarlo seduto sopra ad un amplificatore.
- Georg, ti conosco, tu nascondi qualcosa...- proferì il biondo socchiudendo gli occhi e sorseggiando una bibita - Sai dov’è Bill vero?-
- Ti sbagli, Gus. Io non so niente- sentenziò cercando di sembrare convincente, anche se con scarso successo visto che l’amicò lo squadrò interdetto alzando un sopracciglio - E’ inutile che fai così, io non so niente- aggiunse distogliendo lo sguardo e incominciando a rimettere a posto cavi e attrezzi vari.
- Se lo dici tu...- il biondo sospese la frase - L’unica cosa che ti dico è che, se per caso dovessi sapere qualcosa, faresti bene a dirla, prima che la situazione peggiori- e così dicendo uscì, lasciandolo immobile a fissare la porta chiusa con mille dubbi ad attanagliargli la mente.
E adesso?
D’un tratto il silenzio calato venne interrotto da uno squillo pressante. Infilò distrattamente una mano nella tasca dei jeans ed estrasse il cellulare; sul display comparve la scritta “Casa Kaulitz”.
Sorpreso ed un po’ preoccupato rispose titubante:
- Pronto?-
- Georg, sono Simone- la voce della donna era un po’ incrinata ed apprensiva, cosa che fece preoccupare ancora di più il ramato - Tom è ancora lì?- chiese poi deglutendo.
- No, è andato via da circa dieci minuti. Sono sicuro che presto arriverà- rispose cercando di rimanere calmo nonostante la paura continuasse a opprimergli il petto.
Per un attimo nella sua mente si fece strada l’idea che gli potesse essere successo qualcosa, ma si costrinse a mantenere la calma; non c’era bisogno di fasciarsi la testa prima di essersela rotta e soprattutto non era il caso di preoccupare ulteriormente la donna.
- Si, lo so...sono stata una stupida a chiamare. Ma sono così in ansia Georg...tra Bill e Tom io non so più cosa fare...- la voce della donna si stava incrinando ulteriormente, facendo contrarre lo stomaco al ragazzo.
Non erano solo l’angoscia e la paura ad attanagliarlo, ma anche il rimorso. Forse Gustav aveva ragione, doveva fare qualcosa, ma in quel momento la sua mente non riusciva ad elaborare un’idea.
Inspirò profondamente per calmarsi poi dolcemente rispose:
- Stia tranquilla, sono sicuro che Tom sta per arrivare! Piuttosto adesso cerchi di riposare che non le fa bene tutto questo stress- aggiunse premuroso.
- Si hai ragione! Grazie Georg!-
- Si figuri!-
Non appena la chiamata venne interrotta nella mente del ragazzo incominciò ad accavallarsi un’ulteriore serie di eventi e soprattutto di domande, ma la più lampante era: cosa fare?
Già, cosa avrebbe dovuto fare?
Quella storia doveva finire, era meglio per tutti...Si, ma come?
La testa stava iniziando a pulsargli tanti erano i pensieri, prima o poi sarebbe scoppiato.
Forse in quel momento però era meglio lasciar perdere e lasciare che la notte portasse consiglio...

Edited by ~Tina~ - 17/2/2009, 21:18
 
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